Versilia.
Un bagno come tanti.
Sole a picco.
Sono sdraiata sul lettino a riposarmi. Accanto a me un capannello di uomini. Li conosco tutti. Sono un po’ l’arredamento di quando vengo al mare qui. Tutti amici di mio padre. Passano le ore a parlare sotto l’ombrellone del padrone di casa di turno (alla faccia di chi dice che le donne sono pettegole).
Quest’anno, quando sono arrivata, a sorpresa mi sono accorta che ce n’era uno nuovo. Lo chiamerò R.
Conoscendo il resto del gruppo mi immaginavo che R. sarebbe rimasto escluso, un po’ come quei bambini che vedi in disparte ai giardinetti pubblici.
Niente di più sbagliato. Dopo mezza giornata rideva e scherzava con disinvoltura con tutti gli altri. Sicuro di sé, passa da un ombrellone all’altro, attaccando bottone con persone conosciute da 24 ore.
Adesso è uno di loro.
Detto questo, mi giro dall’altra parte della spiaggia e mi metto a osservare l’altra metà della storia. Le donne: mia mamma e le sue amiche. Alcune leggono delle riviste, altre parlottano fra loro. Una sta uscendo, modello sirenetta, da un’acqua tutt’altro che caraibica. “Ci sarà anche la moglie di R.”, mi dico.
Niente da fare.
È da sola, soltanto un paio di ombrelloni più lontano. Che delusione. E io che ci speravo. Mai una volta che i fatti mi smentissero.
Però una cosa a nostro favore la devo dire. Al contrario degli uomini noi non abbiamo facili argomenti di conversazione. O comunque non ne abbiamo uno equivalente al calcio. L’altro giorno non si parlava che del Trofeo Berlusconi.
“Diego ha fatto una grande partita!”.
E ancora: “Nesta è un Signor Difensore!!”.
Intanto la signora R. è sempre da sola col suo libro. Mi piacerebbe andare a dirle qualcosa. Ma non saprei da che parte iniziare.
Chissà che non funzioni dirle che Pirlo ha una bella “visione di gioco” o che Zambrotta non ha “dato profondità alla squadra”.
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